Robert Sternberg (psicologo statunitense – cognitivista) definisce la creatività come “la capacità di realizzare una produzione al tempo stesso nuova ed adatta al contesto in cui si manifesta”. Questa definizione fa riflettere su due componenti legate alla dimensione creativa: l’originalità e l’utilità.
Se pensiamo alle creazioni di una delle figure manageriali attualmente più conosciute, Steve Jobs, possiamo associare alla sua creatività in campo informatico i concetti di originale e di utile.
Ma creativi si nasce o si diventa?
Carl Rogers (psicologo statunitense – umanista) fu uno dei primi a difendere la teoria che l’ambiente familiare deve essere ricco di stimoli e relativamente poco critico nei confronti delle espressioni creative dei bambini, affinché questi possano esprimere liberamente il loro potenziale. Un ambiente educativo flessibile infatti favorisce lo sviluppo di performance creative nei bambini. Flessibilità si, ma non a discapito delle regole, l’ambiente flessibile prevede regole che devono essere rispettate ma, che al loro interno, ammettono lo sviluppo di varianti: esiste un equilibrio tra libertà e limite, cosi come esiste un equilibrio tra innovazione e regola.
La società nella quale viviamo è un esempio di sistema soggetto a flessibilità e continui cambiamenti. Il critico mondo del lavoro è di frequente alla ricerca di persone capaci di adattarsi alle novità, di intravedere nuovi orizzonti o concepire soluzioni originali per far fronte ai problemi. La flessibilità, dimensione connessa alla creatività, sembra essere una competenza ricercata socialmente. In particolare con il termine flessibilità mi riferisco alla capacità di essere dinamici ma non alla totale mancanza di stabilità…che talvolta può celarsi dietro all’essere flessibili.
Esiste inoltre uno stretto legame tra emozioni e creazioni. Ossia le emozioni (sia negative che positive) hanno effetto sulla creatività. La creatività aumenta nelle condizioni di “gioia” e “depressione” rispetto a condizioni emotive neutre. Questo anche perché quando una persona si trova in una condizione soddisfacente è meno motivata a modificare la situazione e ciò impedisce di esplorare le proprie risorse creative.
Certo non è sufficiente vivere emozioni forti per produrre capolavori, bisogna in particolare percepire le proprie emozioni e saperle interpretare. Ci si può allenare a fare ciò ed in questo caso la motivazione gioca un ruolo chiave per dedicare energie ad auto-ascoltarsi.
Non solo il contesto infatti, più o meno stimolante e flessibile, può rinforzare il processo creativo personale, ma soprattutto il desiderio e la curiosità di attingere alle proprie risorse e dal proprio mondo interiore. Ciò consente di ricercare le proprie risorse ed imparare ad esprimerle.
Ognuno di noi potrebbe riflettere in che modo all’interno della propria quotidianità è presente un elemento o un momento di vita creativa.
Ad esempio al modo in cui si cucina, all’attenzione o alla cura verso il proprio look, alla scelta di come trascorrere il proprio tempo libero; in altre parole a qualsiasi attività in cui ogni persona riconosca di mettere se stessa e la propria originalità.
L’agire in tal senso può riguardare sia attività molto pratiche (come apparecchiare la tavola, riparare un oggetto rotto) che più concettuali (come apportare il proprio contributo nel lavoro che si svolge, trovare soluzioni alternative ad una problematica).
Considerando gli attuali mutamenti sociali e le criticità della nostra società, che non sia proprio la creatività individuale, il valore sul quale investire per promuovere la propria unicità e per fare la differenza?
di Fabiana Lefevre
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